venerdì 29 giugno 2012 17 vostri commenti

Finiteci ora... fate prima.

“La Sanità vive e vivrà un momento molto complicato perché dovrà far fronte a bisogni crescenti con risorse decrescenti. Credo che ormai sia chiaro a tutti. Quindi la capacità di fare scelte per indirizzare risorse scarse nelle direzioni più giuste caratterizzerà il lavoro degli amministratori, anche perché non credo sia vicino il tempo in cui il fondo per la sanità riprenderà a crescere. Noi stiamo lavorando in questa direzione, intervenendo sui costi in modo massiccio, anche se ancora non sappiamo se questo ci permetterà di raggiungere l’equilibrio di bilancio. Interveniamo tenendo alta la qualità, concentrando le risorse, risparmiando dove possibile e senza costi per i cittadini. Il vostro giudizio sul nostro lavoro ci interessa molto”. 


Parole del presidente della Regione Liguria.
Il punto è che potrebbero essere le parole di qualsiasi presidente di Regione. La domanda che viene in mente ad una persona con un minimo di cervello e senso civico è "perché dovrebbero esserci risorse scarse per la sanità?"
Attenzione perché quando parliamo di risorse di questo tipo dobbiamo parlare in maniera chiara senza paroloni, dobbiamo dire che da ciò dipende la vita delle persone. La gente muore per mancanza di risorse, abbiamo a che fare con sentimenti e legami delle famiglie.
Non stiamo parlando solamente di esami clinici e pronto soccorso, stiamo anche parlando di assistenza agli anziani e disabili.
In questi giorni le ASL di regione stanno tagliando fondi per chi è troppo vecchio e quindi non ha bisogno, per loro, della riabilitazione. Indicando persone da dimettere senza neanche conoscere a fondo il caso, ma solo numeri scritti su un foglio bianco. I fondi per i trasporti per le persone con handicap vengono rimossi dai bilanci.
Che cosa vuol direi "indirizzare le risorse scarse nelle direzioni più giuste"? Dobbiamo iniziare a fare delle classifiche dei bisogni? Questo può entrare... questo no... ah questo conosce quindi si... questo la prossima volta.
Uno stato civile non si gestisce in questa maniera, la sanità, come la scuola e il lavoro, deve essere al primo posto delle preoccupazioni di un paese. Da ciò dipende l'esistenza delle persone e dei loro famigliari. 
Parlano di sprechi, lavandosi la bocca, quando poi continuiamo ad avere primari fantasma nei reparti che portano a casa botte da 15mila euro al mese, dirigenti sanitari strapagati, macchine per esami comprate e lasciate a marcire nei magazzini per poi comprare dopo mesi il modello nuovo.
La verità è che le persone che devono prendere decisioni, che parlano di sacrifici, di tagli, di risorse scarse da destinare non hanno idea di cosa vuol dire non avere risposte da un medico, fare la coda per il ticket, aspettare un esame dopo 5 mesi, perdere un parente per malasanità, sentirsi impotente di fronte ad una istituzione che dovrebbe aiutarti e invece di logora giorno dopo giorno.
Siamo sicuri che il nostro giudizio interessi davvero?
Farebbero prima a dirci che dobbiamo morire, perché la sopravvivenza costa e nei bilanci non  c'è spazio per la civiltà.
mercoledì 27 giugno 2012 14 vostri commenti

Il sangue degli invisibili

Ci sono vite in giro che non esistono. 
Donne, uomini, ragazze e ragazzi che camminano per strada, con fretta a volte, oppure con la testa china a guardare la fantasia del pavimento della strada del centro, così per distrarsi per non provare a pensare a ciò che si cerca e non si trova.
Il lavoro.
Donne e uomini che non possono costruire una vita ma ragionano per giorni a volte ad ore. 
"Sai quelli che vivono come me vivono con il terrore ogni giorni, metti via qualcosa perché non si sa mai" una delle tanti frasi che si possono ascoltare parlando con una di loro. Un'immensa popolazione a parte, ombra che cammina nell'ombra, numeri, statistiche, elenchi nascosti, camuffati e interpretati.
Numeri che tornano a casa a volte soli, su un divano davanti ad una televisione pilotata dal movimento automatico di un dito. Oppure tornano dai genitori, stanchi di vedere il figlio in quella maniera, persona che si sono spaccate la schiena per farlo studiare e poi vederlo ridotto così. 
Rifiuti... sei troppo qualificato... sei poco elastico... hai poco curriculum... anzi ne hai troppo... mi costi troppo... ora non c'è lavoro... porte chiuse, lettere inviate che non ricevono risposta.
Continue richieste di sacrificio, prese per il culo istituzionalizzate e fatte da chi il posto lo ha al sicuro da anni, così come parenti e affini.

"Il lavoro non è un diritto..."

...già non lo è più da anni lo sappiamo, è sfruttamento per chi lo ha, è ricatto continuo, è state buoni e bravi perchè non c'è lavoro...

"...deve essere guadagnato..."

...come un paradiso raggiunto solo da quelli che decidono, che si aumentano lo stipendio che parlano di uomini come numeri da cancellare....

"...anche attraverso il sacrificio"


...sdraiati su una pietra in attesa del prossimo predicatore con la mannaia in mano e il posto caldo, il suo, al sole.
venerdì 15 giugno 2012 55 vostri commenti

Quando un ospedale porta via tua nonna

Non so se riuscirò a finire questo post, e non so neanche se alla fine lo pubblicherò.
Perché queste lettere a batterle sulla tastiera fanno male, cronaca di un mese terribile passato dalla mia famiglia.
Purtroppo mia nonna è morta. Aveva 91 anni. Capisco, qualcuno potrà dire che la sua vita se l'è vissuta tutto sommato. Vero, chiaro. Vero è però che il bene che vogliamo alle persone non ha età, non ha limiti e non prende in considerazione quasi mai il fatto che possa finire tutto.
Il problema però è che non se n'è andata perché stava male, ma perché è entrata in un ospedale. 
Un mese è mezzo fa dopo una caduta in casa andiamo subito al pronto soccorso dove i medici non trovano niente di niente... "può andare a casa, è solo una contusione, fatela muovere comunque, deve fare movimento".
Ok. Caspita loro sono medici lo sapranno. 
Quindi a casa, quindi alcuni tentativi di movimenti, ma niente. Ancora dolore.
Logicamente non tutti i medici sono uguali, quindi quello che seguiva mia nonna le consiglia una TAC e altri raggi (Tac non fatta la prima volta dal pronto soccorso).
Femore rotto!
Si ritorna al pronto soccorso, a quello della prima volta, dove i medici prima negano l'esistenza della frattura, poi tergiversano, poi fanno un'altra Tac e infine si decidono facendo anche i preziosi. Ricovero, quindi intervento chirurgico.
Attenzione era il 24 aprile, due giorni dopo viene operata. E si sa... mai e poi mai trovarsi negli ospedali durante le feste, peggio se ci sono i ponti, non bisogna farsi male, ci si deve chiudere in casa e non toccare niente.
Infatti, dopo l'operazione il reparto si è trasformato nel deserto dei tartari.
Dottori spariti. Fisioterapisti che si presentavano per 10 minuti, tranne i festivi sia chiaro. Infermieri, non tutti, pronti a farti sentire una merda quando ponevi loro delle domande. E mia nonna sempre a letto.
Risultato, una piaga da decubito davvero brutta. Perché i materassi antidecubito non ci sono. Bisogna richiederli, allora li richiediamo. Bisogna aspettare che qualcuno non lo usi più. Domanda fatta da loro anche in ritardo. Nel frattempo il materasso deve ancora arrivare.
"Non preoccupatevi la stiamo curando, sta migliorando"
Intanto i giorni passano, quelli a letto diventano tanti, troppi. Provi a parlare con qualcuno ma è come rincorrere un criceto sulla sua ruota. 
Poi guarda caso in quei giorni nel reparto viene operata una persona famosa. Quindi come per magia compaiono medici, infermieri ad ogni angolo, porte chiuse con orari ben definiti. Con tanto di presenza del mitico Primario mai visto prima d'ora. Poi di nuovo il nulla e il deserto.
E allora riprende la routine, rincorrere i medici che ti dicono "ma no che riabilitazione, sua nonna deve solo camminare un po' non si preoccupi". Va bene se lo dice lei, è un medico, io ho solo studiato Scienze Politiche, mi fido.
Insomma dimissioni. Può andare a casa.
Con ancora la piaga che curerà il personale specializzato della Asl a domicilio. Poi riabilitazione come scritto sul referto 15 giorni di girello, poi bastone e poi carico libero. Il gioco è fatto.
Si, peccato che però a casa la Asl a fare ginnastica ci viene 2 volte alla settimana, il resto lo faceva con me, peccato che dopo pochi giorni mia nonna ha iniziato ad avere problemi di insonnia, stanchezza dovuta alla debilitazione (vogliamo parlare di quello che si mangia in ospedale?).
Peccato che la testa ha iniziato ad andare un po' in tilt, a vedere cose e persone di notte. 
Di qui logicamente il crollo di mia madre e quella sera che abbiamo dovuto chiamare anche per lei la guardia medica. Lei che chiaramente come tutti noi non immaginava potesse succedere una cosa del genere ad una donna che solamente un mese fa mi chiedeva se Doria aveva vinto le elezioni, se il Genoa si era salvato, che si incazzava guardando Vespa, che andava a dormire a mezzanotte e si alzava alle nove e mezza. Insomma una nonna anomala. 
Ma a loro questo non interessa, per loro sei anziano, quindi è normale se in ospedale dici qualche "belinata", intanto ti mettono il catetere per tutto il tempo che sei li, il pannolone e tutto il resto. Colpa anche dei tagli del governo e della Regione sia chiaro, il personale è quello che è. Ma a prescindere da questo dovrebbe esserci sempre umanità e professionalità. Quindi che importa se ci sono studi che dicono proprio di non tenere troppo a letto una persona anziana e di non lasciarla col catetere per tanti giorni.
Poi l'epilogo.
La febbre a 37, poi  38, poi 39.
Quelle parole uscite dalla bocca di mia nonna quella sera guardandomi stesa sul letto...
"Damme in baxin"
Detto diversamente dalle altre volte, come se sentisse qualcosa, e poi quelle parole dette a me e alla mia compagna... "mia raccomando state sempre insieme, non lasciatevi".
Quindi il ricovero in medicina. Dove abbiamo trovato dei bravi medici e infermieri che hanno provato l'impossibile fino all'ultimo.
Un'infezione causata dalla piaga, questo il referto medico, una piaga fatta venire da un ospedale che invece dovrebbe curare. Ma questo logicamente non lo ammetteranno mai.
Un'infezione che l'ha divorata... portandola via in meno di un mese. 
Mi sembrava giusto farvi sapere il perché della mia assenza, e portare a conoscenza quello che a volte succede nei nostri ospedali, a volte per colpa delle istituzioni che tagliano e tagliano, ma a volta anche per colpa di chi fa il lavoro solo perché lo deve fare non rendendosi conto che ogni atto ha una conseguenza e in alcuni casi la vita ne risente.
Mia nonna ha vissuto sempre con noi, in famiglia, non era una donna anziana qualunque, si informava su tutto, con le sue cuffie seguiva la televisione, la politica e il calcio. A capodanno tirava fino a tardi. Voleva sapere se avevo vinto con la mia squadra, se non andavo in giro con i jeans stracciati. Era una donna gentile, onesta e giovanile. Era bellissima.  Non sapeva cucinare perché prima cucinava sua mamma e poi sua figlia, ma le piaceva mangiare. Quando ero piccolo mi portava a scuola con mio fratello, ha partecipato alle nostre gite,  promettendomi ogni tanto quello scupassun (schiaffo) che non mi ha mai dato. Era la nostra memoria storica, si ricordava tutto, dai bombardamenti e le corse in galleria alla liberazione e tutto quello che è successo dopo.
Una delle ultime cose che le ho potuto dire quando capiva, era che sarei salito sul palco del teatro Duse, era contenta, poi dopo parole sussurrate, non capite e chissà.
Lo so, a quell'età si può mettere in conto la morte, è chiaro, ma nessuno merita di morire per l'incuria di chi le persone le dovrebbe curare. La rabbia è tanta, la sensazione è quella di aver lottato come un leone contro il nulla per tutto questo tempo.
Per poi arrivare a questo.

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